La Sicilia non è “Cosa Nostra”: dal marchio mafioso alla rinascita della coscienza sociale.

(di Andrea Cangialosi, 4 Liceo Scientifico Sportivo)

Dal giorno dell’attentato mafioso al giudice Giovanni Falcone, a sua moglie Francesca Morvillo e ai ragazzi della scorta -Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani- il 23 maggio è ricordato come “la Giornata della Legalità”. 

Alle 17.57 del 23 Maggio 1992, una carica esplosiva di 500 kg di tritolo fa esplodere un tratto 7 A29 nei pressi di Capaci, provocando un cratere nell’asfalto, inghiottendo l’automobile dove viaggiava il magistrato con sua moglie e facendo letteralmente volare l’automobile che li precedeva, quella su cui viaggiavano tre uomini della scorta.

Si tratta di una ricorrenza molto importante per l’intera nazione, ma in particolare per noi siciliani, che viviamo in una terra da sempre martoriata dalla criminalità mafiosa (denominata “Cosa Nostra” e capeggiata da Totò Riina), che ha ucciso magistrati, rappresentanti delle forze dell’ordine, imprenditori che si sono opposti al “pizzo”, e in generale chiunque abbia combattuto con ogni mezzo la mentalità mafiosa. 

Alcune persone provano vergogna nell’essere siciliani, anche in considerazione di quel luogo comune che vede la Sicilia come la terra “dannata” e gestita dalla malavita organizzata, ovvero come la regione italiana in cui resiste un’attitudine alla delinquenza di stampo mafioso, fatta di soprusi anche nelle piccole cose.

In realtà, è motivo di orgoglio per tanti di noi condividere le origini con uomini e donne che hanno sacrificato la propria vita per combattere un “cancro”, che -con modalità diverse rispetto a trent’anni fa- continua ad alimentare delinquenza e a distruggere il futuro di questa terra.

Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tantissimi altri sono morti affinché noi potessimo avere un futuro migliore. Un sacrificio immenso, animato da altruismo e spirito di servizio, che trova nelle parole di Giovanni piena realizzazione: “bisogna compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l’essenza della dignità umana”.

Ad oggi la mafia, pur avendo perso quel carattere sanguinario tipico del periodo stragista degli anni ’80 e ’90, trova modo di agire diversamente, ad esempio tramite il commercio della droga.

Un dato, forse, rimasto lo stesso è la tendenza alla corruzione soprattutto da parte di esponenti politici ed istituzioni, che ancora oggi subiscono l’effetto dell’intimidazione mafiosa. 

Il 16 Gennaio 2023, dopo trent’anni di latitanza, è stato arrestato l’ultimo dei boss stragisti, Matteo Messina Denaro.

L’opinione pubblica si è subito divisa: molti hanno considerato l’arresto una sconfitta per lo Stato e per le istituzioni che, solo grazie alla patologia oncologica del super latitante, hanno potuto ricostruire gli spostamenti e procedere alla cattura.

Altri invece, hanno vissuto quanto accaduto come un risultato storico ed un momento di soddisfazione e gioia.

Indipendentemente dalle opinioni personali, il vero dubbio è quello di capire come sia stata possibile una latitanza così lunga e tranquilla, fatta di frequentazioni sociali e abitudini tutto sommato “normali”.

Questo, purtroppo, è la prova di come la mafia riesca ancora ad incutere timore, a mettere a tacere, a mantenere i contatti idonei a garantire impunità per anni ed anni. Non dimentichiamo le parole di Paolo Borsellino: “politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo”.

Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tante altre professionalità al servizio dello Stato hanno pagato il prezzo della solitudine e dell’isolamento. 

“Si muore perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande”- diranno con  l’amarezza di non avere ancora molto tempo.

Non hanno mai pensato di essere degli “eroi”, ma per noi lo sono: hanno difeso con la propria vita questa meravigliosa terra con quel coraggio che -come diceva Giovanni- non è altro che la capacità di “convivere con la paura senza farsi condizionare da essa”.

Il maxiprocesso: l’opera di ingegneria giudiziaria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

(di Noemi Pirrello, 3 Liceo Scientifico Sportivo) 

Il maxiprocesso è stato un processo giudiziario condotto a Palermo dal 1986 al 1992 contro la mafia siciliana, più specificamente contro la famiglia criminale di “Cosa Nostra”. Il processo fu voluto e avviato dal giudice Giovanni Falcone, che aveva acquisito informazioni sufficienti per aprire una procedura giudiziaria contro oltre 400 persone sospettate di essere affiliate alle attività criminali della mafia. 

La maggior parte degli imputati fu accusata di associazione a delinquere di stampo mafioso, finalizzata al traffico di droga, estorsione, omicidio e altri reati. 

Il processo fu anche il primo a essere condotto con il sistema dei “pentiti”, attraverso la collaborazione dei membri della mafia che fornivano informazioni sulle attività della criminalità organizzata: ad esempio, il collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta, uno dei capi mafia, fornì informazioni preziose agli investigatori sulla struttura di “Cosa Nostra”, sul suo funzionamento e sulle attività illecite compiute.

Grazie ai suoi racconti e alle testimonianze degli altri “pentiti”, il processo permise di fare luce sui movimenti della mafia in Sicilia e in tutta Italia; furono emesse centinaia di condanne, tra cui quella del leggendario capo della mafia corleonese, Salvatore detto “Totò” Riina, che fu condannato all’ergastolo in contumacia e che sarà arrestato solo il 15 Gennaio del 1993. 

Tra gli imputati ci furono anche Bernardo Provenzano (in contumacia) e Leoluca Bagarella. Il processo si caratterizzò per numerosi episodi di intimidazione e violenza, con diversi testimoni e giurati costretti a fuggire o vivere sotto protezione. 

A causa della complessità processuale, il maxiprocesso durò circa sei anni, considerando dal primo al terzo grado di giudizio. Alla fine del processo di primo grado, molti dei principali boss mafiosi furono condannati a lunghe pene detentive -inclusi 19 ergastoli- mentre altri furono assolti o condannati solo per reati minori.  Le condanne furono 346, le assoluzioni 114, gli anni di carcere 2665.

Il processo fu ritenuto un fondamentale passo in avanti nella lotta alla mafia italiana e nella costruzione di una cultura della legalità in Italia, essendo il più grande e complesso mai affrontato dalla giustizia italiana; un’opera di ingegneria processuale che non aveva precedenti.

Fu inoltre, un esempio di una intensa collaborazione tra le istituzioni per combattere la criminalità organizzata e la corruzione. 

I due giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino rappresentano il simbolo della lotta alla mafia degli anni ’80 e ’90 in Italia. Il loro immenso lavoro è stato fondamentale per la cattura di numerosi capi della mafia siciliana, tra cui Totò Riina, principale responsabile della strage di Capaci e di via D’Amelio, considerato il boss tra i più spietati ed influenti dell’epoca.

 Entrambi i magistrati, amici da sempre e colleghi fidati, dimostrarono al mondo la forza e la determinazione del popolo italiano nella lotta alla criminalità organizzata.  

Tra le strategie innovative per combattere la mafia -come già detto- fu introdotto il sistema dei collaboratori di giustizia, mafiosi arresi alle autorità e disposti a fornire informazioni dettagliate e fondamentali allo svolgimento delle indagini. 

Grazie all’impegno e alla determinazione di Giovanni e Paolo, sono stati comminati pesanti provvedimenti di giustizia nei confronti dei boss mafiosi, contribuendo in maniera significativa alla decadenza o comunque alla disgregazione dell’organizzazione criminale in Sicilia. 

Purtroppo, i due magistrati hanno pagato con la vita l’impegno nella lotta alla mafia, venendo entrambi barbaramente assassinati con ordigni esplosivi il 23 Maggio e il 19 Luglio del 1992. 

Tuttavia, il loro lavoro e il loro esempio hanno continuato a rappresentare una guida e un’ispirazione per coloro che, tuttora, si impegnano contro il crimine organizzato, nel tentativo di arginare fenomeni di corruzione in Italia e nel mondo.

Da Peppino Impastato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: il coraggio di morire per continuare a vivere.

(di Riccardo Belvedere, 3 Liceo Scientifico Sportivo)

Il 23 maggio di ogni anno, ricordando il giudice Giovanni Falcone ucciso nell’attentato di Capaci nel 1992, si celebra la giornata dedicata a tutte le vittime della mafia: il pensiero va a Paolo Borsellino, anche lui giudice, amico e compagno d’infanzia di Giovanni Falcone; a Peppino Impastato, Ninni Cassarà, Boris Giuliano e tanti altri.

Grandi professionisti ed anime buone che nella loro vita hanno scelto di non pensare solamente a sé stessi, ma anche al pericolo cui andava  incontro l’intera società: infatti soprattutto tra gli anni ottanta e novanta, la Sicilia viene vessata da associazioni mafiose che hanno creato nel territorio una macchia indelebile. 

La Sicilia è, infatti, conosciuta in tutto il mondo per la mafia e la sua storia. E talvolta viene additata come la regione italiana dove la mafia, appunto, ha sempre spadroneggiato.

Per “associazione mafiosa” viene indicata quell’associazione per delinquere che si avvale della forza di intimidazione per acquistare in modo diretto il pieno controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni o vantaggi ingiusti per un fine di lucro personale. 

Tra le associazioni mafiose più importanti vi è quella di “Cosa Nostra”, termine utilizzato da Lucky Luciano e, in seguito, ripreso anche da Totò Riina e molti altri mafiosi.

Proprio in considerazione del fatto che la “Giornata della Legalità” è il momento della commemorazione di tutte le vittime della mafia e non solo del giudice Falcone -maggiormente viene ricordato il 23 Maggio- vorrei soffermarmi in particolare sulla figura di Giuseppe Impastato.

Giuseppe detto Peppino, nonostante appartenesse ad una famiglia legata a “Cosa Nostra” (il padre Luigi, lo zio ed altri parenti erano infatti notoriamente asserviti al potere mafioso di Cinisi), decise subito di rompere i legami con il padre che lo mandò via da casa, e scelse di avviare un’attività politico-culturale di sinistra in palese contrasto alla mafia.

Nel corso della sua vita aprì un giornalino, partecipò ad attività comuniste e lottò per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Cinisi. Dopo di ciò decise ancor di più di combattere la mafia, fondando nel 1977 “radio Aut”, una radio libera in cui denunciava tutti i crimini e gli affari mafiosi di Cinisi e Terrasini. 

Tra i programmi più seguiti c’era Onda pazza a Mafiopoli, trasmissione in cui Peppino derideva mafiosi e politici. 

Nonostante le intimidazioni, minacce e critiche, nel 1978 si candidò nella lista di Democrazia Proletaria per le elezioni comunali, ma non fece in tempo a sapere l’esito perché venne assassinato colpito con un grosso sasso, la notte del 9 maggio 1979, su commissione del capomafia locale Gaetano Badalamenti.

La sua morte fu da subito camuffata come un suicidio e per infangarne l’immagine, sotto il corpo del ragazzo venne posto del tritolo sui binari della ferrovia che collega Palermo e Trapani.

La scelta di approfondire la figura di Peppino Impastato nasce proprio dal coraggio che egli ha espresso e dimostrato a chiunque, nonostante l’origine mafiosa della sua famiglia. 

Peppino ha dimostrato che non si deve avere paura della mafia e che bisogna sempre lottare per ciò che si desidera anche se non si raggiunge l’obiettivo. Egli è morto con la consapevolezza di aver provato a lottare contro la mafia e -pur non avendola sconfitta- ha scelto di non tacere davanti alle intimidazioni mafiose.

Per cercare di arginare il capitolo mafioso in Sicilia, nei drammatici anni ’80 e ’90 si svolse il maxiprocesso: un processo penale celebrato a Palermo (in aula bunker del carcere Ucciardone) per crimini di mafia e che deve il nome alle sue grandi proporzioni: 475 imputati, circa 200 avvocati difensori. 

In primo grado il processo si conclude con 19 ergastoli e pene detentive con un totale di 2665 anni di reclusione: si tratta del processo penale più grande mai celebrato al mondo con una durata che – considerati tutti e tre i gradi di giudizio- andò dal 10 febbraio 1986 al 30 gennaio 1992. 

Nel 1992 persero la vita due storici giudici che hanno combattuto la mafia: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. A circa due mesi di distanza, in due terribili attentati mafiosi: la strage di Capaci e la strage di via D’Amelio, avvenute il 23 maggio e il 19 luglio dello stesso anno. 

Entrambi, animarono la loro vita con la passione per il lavoro, svolgendolo al meglio. Giovanni e Paolo strutturarono il pool antimafia nato da un’idea del giudice Rocco Chinnici e già reso operativo da Antonino Caponnetto: si trattava di una squadra di magistrati specializzati nel perseguire reati di criminalità organizzata, con l’idea di un coordinamento nelle indagini di mafia prima di allora sconosciuto.

Uno schema dettagliato dell’associazione di stampo mafioso e delle sue logiche delinquenziali fu offerto dal mafioso e collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta che -dopo il suo arresto- decise di rendere preziose dichiarazioni al giudice Falcone; dichiarazioni che finirono per far crollare le certezze di “Cosa Nostra” creando un terremoto all’interno dei clan mafiosi.

In seguito anche a scelte incerte sull’indicazione chi poteva continuarlo al meglio, il pool antimafia comincia a riscontrare i primi problemi interni che lo portano ad essere sciolto nell’autunno del 1988. 

Giovanni e Paolo, mettendo a rischio la propria vita, verranno per sempre ricordati da tutti per la dedizione e la fatica di quegli anni, per l’incessante e scrupoloso lavoro che, scuotendo le coscienze sociali, li ha portati alla morte.

E’ per questo che non ci sarà mai un “grazie” bastevole a ricompensare i loro sacrifici. 

Al giorno d’oggi, nel 2023, viviamo in una situazione che -fortunatamente- non è più quella di prima: la mafia non è scomparsa, ma viene ricordata ogni giorno con la paura di una nuova recrudescenza. 

Ormai non è più “evidente” come negli anni ’80 e ‘90, ma continua in silenzio ad alimentare la delinquenza nel traffico di droga; spesso si insinua nella corruzione dello Stato, e il più delle volte coinvolge le zone più degradate di Palermo e dei territori limitrofi, dove le condizioni culturali precarie agevolano la nascita di nuove forme di mafia.

Credo che ogni nostro piccolo gesto sia di grande aiuto a chi -con coraggio ed incredibile altruismo- dedica la propria vita a svolgere una professione nel tentativo di fare del bene alla società. 

L’insegnamento di Giovanni e Paolo, di Peppino e delle altre tantissime vittime di mafia, ha portato la nostra Palermo ad una nuova ed indimenticabile pagina di storia.

23 maggio 2023 (XXXI anniversario delle stragi di mafia). Indicazioni per partecipare al corteo verso l’albero Falcone

Martedì 23 maggio 2023 la comunità del Gonzaga Campus tornerà a celebrare, insieme alla società civile e alle istituzioni, la Giornata della Legalità, nel XXXI anniversario delle stragi di Capaci e di via D’Amelio, nelle quali persero la vita i giudici Falcone, Borsellino, Morvillo e le loro scorte, e in memoria di tutte le vittime della mafia.

Il nostro campus vuole affermare, ancora una volta, il suo “no a tutte le mafie” e a tutte le forme di criminalità, impegnandosi attivamente nella partecipazione alle iniziative previste per quella Giornata: esse costituiscono il momento di maggiore affermazione pubblica del quotidiano impegno nell’educazione delle nuove generazioni, nella formazione di cittadini consapevoli, competenti, compassionevoli, impegnati, attraverso cui la nostra scuola afferma i valori assoluti dell’amore, della giustizia, della legalità, dell’onestà, dell’accoglienza.

Tutti i nostri studenti, in questi giorni e in particolare nella settimana dal 22 al 26 Maggio saranno coinvolti, all’interno dell’orario scolastico, in attività e iniziative: incontri, film, testimonianze, dibattiti, lavori creativi e artistici. 

Martedì 23 maggio, a partire dalle ore 9:00, all’interno dell’Aula bunker di Palermo, una piccola rappresentanza di liceali, accompagnati dalla prof.ssa Vacante, avrà l’opportunità di partecipare all’incontro con i magistrati Pietro Grasso e Giuseppe Ayala.
Un ulteriore piccolo gruppo parteciperà alla cerimonia istituzionale trasmessa in diretta RAI, che si svolgerà alle ore 10:00 all’esterno dell’Aula bunker alla presenza delle Autorità istituzionali, dei vertici delle Forze dell’Ordine, della Magistratura e della società civile.

Il pomeriggio di martedì 23 maggio, tutte le scuole di ogni ordine e grado sono invitate a partecipare al corteo che partirà dall’Aula Bunker e che arriverà sotto l’Albero Falcone, in via Notarbartolo. Alle 17.58, ora della strage, un trombettista della Polizia di Stato suonerà il Silenzio in onore delle vittime e verranno letti i nomi dei caduti negli attentati di Capaci e di Via d’Amelio.
Tutti gli alunni, i genitori, i docenti, il personale non docente, i volontari di servizio civile, gli atleti e gli istruttori della Polisportiva, gli ex alunni e i membri dei gruppi e delle associazioni ignaziane sono invitati a prendere parte al raduno pomeridiano

L’appuntamento per ritrovarci, aggregarci e procedere insieme verso l’albero Falcone è per martedì 23 maggio alle 15.00 nell’agorà del campus.
Per tutte le classi di tutti i settori l’uscita sarà anticipata alle ore 14.30 per permettere il raduno in agorà e la partecipazione al corteo. 

Abbiamo scelto di muoverci insieme dal campus per affermare, in modo significativo, la continuità tra il lavoro per la legalità che si fa a scuola e l’adesione concreta ai valori di cittadinanza e partecipazione alla vita civile della città e della Nazione.

Una lezione…per la vita. Il papà di Giulio Zavatteri incontra gli studenti

Si è svolto oggi al Gonzaga Campus l’incontro tra i nostri studenti del triennio ed il Dott. Francesco Zavatteri, papà di Giulio, giovane diciannovenne morto di crack il 15 Settembre del 2022.

Un racconto di vita e di dolore -interrotto da lacrime di commozione in un silenzio quasi irrealistico- che comincia descrivendo la personalità geniale di Giulio sin da tenera età e che termina con parole drammatiche che esprimono l’impotenza e l’angoscia di un genitore dinanzi al potere distruttivo della droga.

Una lotta coraggiosa quella di papà Francesco che -pur non essendo riuscito a salvare il suo ragazzo dalla solitudine, dalla dipendenza e dalle crisi psicotiche indotte dal crack- non si arrende e porta testimonianza ai nostri alunni dell’importanza del dialogo con i genitori, affinchè la famiglia -e non la droga- sia il vero unico sfogo ai disagi giovanili. Un progetto di speranza e di vicinanza al mondo adolescenziale che trova massima realizzazione nell’associazione Onlus “La Casa di Giulio” e nel relativo progetto di un centro di sostegno ed aiuto ai ragazzi che finiscono nel giro della tossicodipendenza.

Sono infine intervenuti Ivan D’Anna, ispettore di Polizia esperto in reati di spaccio, l’assistente sociale presso il Tribunale dei Minori Giusi Calascibetta, la psicologa Patrizia Russo e la Prof.ssa della facoltà di Giurisprudenza Clelia Bartoli che sta lavorando ad una proposta di legge sulle dipendenze da sostanze stupefacenti.

Una preghiera a Giulio conclude la mattinata. A parlare è ancora il suo papà, che chiede forza e coraggio per realizzare il progetto di aiuto ai tanti ragazzi che -per fragilità e paura- si allontanano dagli affetti per morire nella solitudine e nell’indifferenza sociale, spesso associata all’idea del “tossico”.

Siamo tutti figli di Francesco Zavatteri. E ognuno di noi è suo figlio Giulio.

Prof.ssa Serena Vacante Docente Scuola Secondaria di Secondo Grado

Un ponte di solidarietà da Palermo al Kenya per aiutare bambini e giovani delle Slums. Aperta una raccolta fondi

I giovani del Gonzaga Campus il 28 maggio partiranno per incontrare i bambini e ragazzi della “Mazzoldi School” delle Evangelizing Sisters of Mary in Kenya. 

Suor Boni Consili: “Povertà, alcol e droga sono i principali problemi

PALERMO – Incontrare, all’insegna del massimo spirito di condivisione, chi vive in un’altra parte del mondo la povertà più estrema, sostenendo chi ogni giorno si impegna con dedizione e amore per loro. E’ questo il fine che porterà, 40 persone – tra studenti, docenti e genitori del Gonzaga Campus – a partire il prossimo 28 maggio per incontrare la “Mazzoldi school” delle Evangelizing Sisters of Mary in Kenya. Situate all’incrocio tra tre slums, le suore hanno dato vita a due scuole con l’intento di rispondere alla povertà dei più vulnerabili di queste aree attraverso la loro educazione.

La scuola, a volte, è l’unico rifugio da un futuro di sfruttamento: in Kenya un bambino su quattro è costretto a lavorare nei campi, a fare il venditore ambulante o addirittura a spacciare droga.  Quest’anno la fiera missionaria del Gonzaga Campus di Palermo, prevista per sabato 27 Maggio 2023, sostiene la Mazzoldi School in Kenya, per finanziare un luogo che è scuola, ma anche salvezza, aiuto e accoglienza.  La scuola, vicino a Nairobi, con tutte le sue attività, si rivolge ai bambini e alle bambine ma anche a giovani rispondendo ad oltre 200 persone. Legata alla povertà estrema c’è spesso, da 14 ai 18 anni, anche il consumo di alcol e droga.

Per l’occasione è stata aperta la campagna di crowdfunding https://gofund.me/79ac2147 sulla piattaforma GoFundMe, dove è possibile fare una donazione in maniera facile e sicura, in pochi secondi, anche di un piccolo importo, direttamente dal proprio computer o smartphone, con carta di credito, bonifico bancario o Paypal. 

“Sono molto contenta che questo gruppo di giovani possa incontrarci per conoscere la mission che portiamo avanti nella nostra scuola in aiuto di coloro che hanno più bisognodice suor Boni Consili -. E’ molto importante per noi potere condividere con voi questa azione di comunità che, rafforzando il legame tra l’Italia e Kenya, vuole contribuire a dare un futuro migliore ai bambini che si trovano nella nostra scuola”. Uno dei problemi principali è quello dell’accesso – continua suor Boni Consili – all’istruzione perché quello che manca, nelle situazioni di maggiore povertà, è proprio riconoscere i grandi benefici che può dare la formazione scolastica. La nostra realtà, trovandosi molto vicino alle grandi baraccopoli di Nairobi, ci ha fatto scegliere di impegnarci attivamente ogni giorno. La scuola diventa una risorsa di aiuto fondamentale che li allontana da tante forme di sfruttamento lavorativo ma anche da altre forme di devianza dovute al consumo di alcol e droga”.

A mostrare tutto la sua emozione per questo viaggio è anche la giovane Elisabetta Coniglio di 17 anni -. “Ho deciso di partire per tanti motivi – racconta Elisabetta -. Il primo è il desiderio di conoscere un Paese così diverso dal nostro che mi permetterà di riflettere molto. Nonostante il tempo di permanenza sia poco, per potere dare un aiuto più duraturo e concreto, sicuramente, sarà un modo per trasmettere tanta gioia e speranza a questi bambini in una prospettiva di sostegno futuro anche a distanza. Parto anche con l’idea che poi mi piacerà raccontare e trasmettere ai miei amici e alle mie compagne che rimangono a Palermo quello che avrò vissuto in Africa”. 

“Sono nato in Kenya – dove ho vissuto fino all’età di 11 anni – perché mio padre per lavoro si era trasferito lì, negli anni ’50, e mia mamma è inglese – aggiunge pure Pietro Coniglio, papà di Elisabetta che accompagnerà la figlia in Kenya -. Questo viaggio, certamente, non vuole essere una vacanza ma un momento di presa di coscienza di una realtà molto diversa da quella nostra che ci aiuta ad inquadrare tutto in una prospettiva di vita molto più aperta. Si parte, quindi, con uno spirito di servizio che poi aiuterà, noi e i nostri figli, a fare tesoro di una esperienza che ci porterà, nella quotidianità, ad attivarci per le realtà, più vicine e più lontane, che hanno bisogno”.

“Sento una grande emozione dentro e attendo di riabbracciare una terra bellissima – dice p. Vitangelo Denora, direttore generale del Gonzaga Campus -. Sono luoghi dove dentro la povertà, a volte estrema, si aprono sorrisi e gesti pieni di una umanità rinnovata. Il nostro fine più alto è sempre quello di impegnarci per la costruzione di un mondo diverso a partire da relazioni autentiche e profonde che fanno avere una percezione ampia dei grandi problemi che esistono. L’idea è quella di potere vivere con questi bambini momenti anche di scuola diversa. Ai nostri giovani proponiamo una esperienza che permetterà di prendere consapevolezza, rispetto alla loro dimensione sociale di vita, di una realtà forte come quella africana. Entreremo nelle Slums, in alcune baracche dove le suore missionarie operano.

Ciò che colpisce sempre è il fortissimo contrasto tra queste condizioni di povertà e la bellezza dei colori del continente africano. Da queste persone, spesso, si respira una grande energia vitale, a partire dai più piccoli che si divertono e giocano con poco. Quello che ci caratterizzerà sarà un grande spirito di condivisione dei diversi momenti di comunità. A supporto dell’azione delle sorelle africane daremo anche un sostegno economico a cui tutti possono contribuire”.   

Sabato 27 maggio, dalle 9.30 alle 15.30, durante la Fiera Missionaria “Madonna della strada”, si potrà, infatti, fare la propria offerta per la Mazzoldi School. Sarà una giornata di festa e di solidarietà, aperta a tutta la città con giochi, musica, laboratori per bambini e ragazzi, stand gastronomici e artigianali, a cura degli studenti, degli insegnanti, delle famiglie e degli ex alunni.

Sarà un’occasione importante per conoscere anche altre realtà missionarie che vengono sostenute dagli studenti e dai giovani della Lega Missionaria Studenti durante tutto l’anno: le case di accoglienza in Romania, l’accoglienza ai rifugiati Ucraini, i campi di volontariato in Perù, il sostegno economico e umano alla Missione Speranza e Carità di Biagio Conte e alle attività del Centro Astalli Palermo.

Diamoci un tono 2023: tutti i brani dei nostri studenti

Si è da poco conclusa la XII edizione di “Diamoci un tono”:  il concorso musicale della rete di scuole dei gesuiti.
I nostri studenti hanno partecipato alla finale che si è svolta a Torino lo scorso venerdì.
Il gruppo della Scuola Primaria si è aggiudicato il “Premio della Giuria”; invece gli studenti di medie (Gaia Forello) e dei licei (Anna Compagno e Silvia Costa) sono rientrati tra i primi tre classificati aggiudicandosi il secondo posto nelle due rispettive categorie.

A prescindere dalle classifiche riteniamo che tutti i brani dei nostri ragazzi siano di grande valore, sia per la qualità musicale che per i messaggi di speranza e di pace che veicolano.
I brani di quest’anno infatti  promuovono la parola come mezzo per allargare i confini e provocare un cambiamento dentro e fuori di noi.

Condividiamo con voi la playlist con tutti i video/audio delle esecuzioni dei nostri ragazzi.

Vi invitiamo a concedervi una sosta di qualche minuto per ascoltarne qualcuno…per lasciarvi toccare in profondità dalle loro voci che sono per tutti noi il motivo per cui credere in un presente e futuro migliore. Chissà che l’ascolto di un brano possa provocare un piccolo o grande cambiamento dentro ciascuno di voi. A molti di noi è successo. Ascoltandoli ci siamo emozionati e ci hanno interpellato.

Clicca qui per la playlist!

Buon ascolto!

Federico Cinà. Giovane promessa del tennis italiano al Diploma Programme

Ha già una carriera tennistica costellata di successi il giovanissimo Federico Cinà che, dopo aver concluso in bellezza gli Australian Open, è pronto ad affrontare gli altri tre tornei di Roland Garros, Wimbledon e US Open, i maggiori appuntamenti del tennis internazionale.

È figlio di Francesco Cinà e Susanna Attili – due ex-giocatori di tennis con un brillante passato agonistico – il nostro Federico, classe 2007, attualmente iscritto al Diploma Programme dell’International School. Federico ha soltanto sedici anni e già gareggia aggiudicandosi il podio nei più importanti tornei nazionali e internazionali. Già vincitore degli Europei e dei Mondiali Under 14, entra a far parte della categoria Junior con ben tre anni di anticipo, ottenendo numerosi successi e misurandosi con atleti più grandi di lui per età. Ha anche partecipato all’ultimo Australian Open dove ha ottenuto una vittoria al primo turno, che gli ha permesso di continuare a scalare la classifica mondiale ATP in cui ha raggiunto la ventesima posizione.

Ma come è iniziata la storia di questo talento straordinario? – Federico era solo un bambino quando ha iniziato, per gioco, a tenere in mano la sua prima racchetta. Ci racconta: “Quando ero piccolo accompagnavo spesso mio padre, che in quel periodo allenava la campionessa italiana Roberta Vinci, durante gli allenamenti e ai tornei di tennis in Italia e all’estero. La possibilità di assistere a questi campionati e il fascino verso questo sport che i miei genitori mi hanno sempre trasmesso hanno sicuramente influito sulla mia passione. Ancora adesso ricordo l’emozione che ho provato quando per la prima volta, da piccolino, ho calpestato la terra rossa di Roland Garros e mi sembra un sogno pensare che ora posso finalmente partecipare a questo importantissimo torneo internazionale.” Federico, infatti, dopo la sua partecipazione agli Australian Open aspetta con trepidazione di prendere parte al Torneo di Roland Garros in Francia, per poi proseguire con il Torneo di Wimbledon a luglio e agli US Open ad agosto. Questo mese sarà invece impegnato nel Trofeo Bonfiglio, un campionato internazionale d’Italia under-18 che consente di continuare a scalare la classifica Juniores e di ottenere una buona qualificazione per gli Slam.

Atleta tenace e determinato, Federico si dedica anima e corpo agli allenamenti di tennis: “Di solito faccio sempre base al Country Club di Palermo dove ho iniziato a giocare, ma spesso vado ad allenarmi al Centro Federale di Tirrenia e all’estero. Di recente sono stato invitato al Torneo-esibizione di Top Players ad Abu Dhabi, dove mi sono allenato con numerosi professionisti come Alcaraz, Tsitisipas, Ruud e Rublev. Mi rendo conto che sono opportunità uniche per poter migliorare e per accrescere le mie abilità in ambito sportivo.”

Tra tornei, allenamenti, campionati in ogni parte del mondo Francesco non è mai solo, grazie alla presenza costante e il supporto di papà Francesco, diventato ormai da anni il suo allenatore, che lo aiuta anche a non lasciare mai da parte l’impegno verso la scuola e lo studio. Federico, infatti, è iscritto al Diploma IB dell’International School proprio perché crede che la formazione IB, insieme alla conoscenza della lingua inglese, siano dei requisiti imprescindibili per una carriera in ambito internazionale. “Qualche volta è difficile conciliare studio e agonismo”, ci confida Federico, “quando mi trovo a Palermo cerco di essere sempre presente alle lezioni, ma il più delle volte seguo la scuola a distanza studiando in autonomia per non perdere di vista i miei obiettivi. Ad essere costante nello studio mi aiuta molto il mio sport, che mi ha insegnato in questi anni ad essere concentrato e ad impegnarmi. Adesso sto iniziando a pensare all’argomento del mio extended-essay e penso proprio che mi focalizzerò su come sia possibile per un atleta come me conciliare gli studi e la carriera agonistica, anche per offrire un esempio positivo rivolto i giovani che vogliono intraprendere una strada simile alla mia.” 

L’anno prossimo Federico finirà la scuola e ha grandi progetti per il futuro. Il suo sogno più grande è quello di vincere almeno uno dei quattro Slam in categoria Senior ripercorrendo le orme di Djokovic, il suo mito più grande. E noi siamo certi che tutti i suoi desideri si realizzeranno.

Research Day: studenti del liceo STEM in collegamento con la base Concordia, in Antartide.

Nell’ambito dei Research Day i nostri ragazzi del terzo e del quarto dei licei anno hanno avuto la grande occasione formativa d’incontrare, sia di persona che online, i ricercatori della stazione Concordia, una base di ricerca italo-francese situata al Polo Sud che si occupa di svariati ambiti di studio scientifico, tra cui fisica dell’atmosfera, glaciologia, climatologia e anche astronomia.

 Questi studiosi hanno preso la coraggiosa decisione di trascorrere un intero anno nel bel mezzo dell’Antartide dove, come si può immaginare, le condizioni di sopravvivenza raggiungono livelli estremi ed il pericolo può essere fatale senza le giuste precauzioni.

Con i ragazzi, durante il collegamento, erano presenti anche uno dei ricercatori che aveva già vissuto questa esperienza – il prof. Antonio La Barbera – e un fisico del CNR, il Consiglio Nazionale delle Ricerche della sede di Palermo – prof. Rodolfo Canestrari.

Durante il collegamento gli studenti hanno posto loro diverse domande, incuriositi da cosa si prova non solo nello svolgere lavori di ricerca scientifica, di rilevamento dati, e di manutenzione delle varie e complesse strumentazioni tecnologiche in un ambiente così ostile, ma anche come le condizioni psicologiche e relazionali vengano influenzate.

‘Ci capita spesso di dover uscire là fuori, con il freddo glaciale, per la manutenzione dei nostri strumenti… spesso ci è capitato di subire delle ustioni di freddo a causa di lavori che richiedevano maggiore manualità e l’assenza delle dovute protezioni”.

Le domande dei nostri studenti riguardavano anche il tempo e lo svago, dato che l’unico modo in cui possono intrattenersi è al chiuso.

‘Fortunatamente non mancano giochi da tavolo, di società, libri, film, musica e quant’altro. Mancano purtroppo il verde, le piccole azioni della quotidianità, ci si può stancare molto facilmente anche nel fare semplici cose quando ci si trova in situazioni così estreme – dice uno dei ricercatori – i legami che si riescono a stringere con i colleghi sono fondamentali’’.

Nell’ambito dei Research, il liceo STEM non si limita soltanto a raccogliere testimonianze sul mondo della ricerca, ma si applica anche in essa: insieme con i professori La Barbera e Canestrari e accompagnati dal loro docente di fisica, il prof. Rubino, i nostri ragazzi partiranno martedì 16 maggio per Serra La Nave, sull’Etna, per condurre un esperimento di rilevamento dei raggi cosmici.