La Pasqua bussa discreta alle nostre porte in un tempo in cui il dolore, l’impotenza e la disgregazione descrivono le coordinate della nostra esistenza. Come ha detto Papa Francesco nel giorno della domenica delle palme “l’anno scorso eravamo più scioccati, quest’anno siamo più provati”. E’ qui che ci raggiunge l’annuncio di Pasqua con tutta la sua forza e la sua delicatezza…. e ne abbiamo bisogno!
Ci sentiamo in questo tempo a volte svuotati: dalle nostre energie, dalle nostre speranze, dai desideri di vita e di relazione che ci vengono a mancare. Tante cose nel mondo ci appaiono incomprensibili. Non riusciamo sempre a conferire senso agli eventi. Rischiamo di non alimentare progetti o speranze e di non investire più per costruire. Siamo tentati di cedere alla rassegnazione.
La verità è che abbiamo sperimentato in questo tempo tanta fragilità a livello personale e sociale. Ci siamo ritrovati piccoli, fragili e disarmati. Questo ci ha fatto paura ma, alla luce delle feste che stiamo vivendo, può essere anche una occasione per crescere e ricominciare a partire proprio dalla fragilità.
La croce in questi giorni ce lo ha ricordato, provocando ancora i nostri modelli di successo e i nostri modi di vivere centrati su noi stessi, togliendo loro nuovamente il trucco, e presentandoci un Amore libero e povero che arriva fino alla fine.
La Pasqua che raggiunge oggi le nostre case è una ulteriore occasione privilegiata per cogliere il valore della vita e per interrogarci sulle priorità da perseguire. Come cristiani, animati dalla Parola di Dio, non possiamo rimanere chiusi nella sfiducia o nella preoccupazione del presente, ma siamo chiamati ad attingere alla forza liberante del Risorto, per guardare con occhi diversi il tempo che viviamo.
È questa la Pasqua delle fragilità riscoperte ed assunte che parte dalla logica della Croce per divenire forza di trasformazione.
Il nostro tempo ha bisogno di un nuovo inizio che trasformi la morte in vita piena.
Guardiamo a Gesù Cristo: egli non è nella tomba dove lo avevano confinato i suoi carnefici. “Non è qui” dice un angelo alle donne che si recano al sepolcro. Che bello questo ‘non è qui’! Va cercato fuori, altrove. E’ in giro per le strade, è in mezzo ai viventi. E’ un Dio che ci sorprende nella vita.
È dentro i sogni di bellezza dei nostri bambini e dei nostri ragazzi, in ogni scelta per un “più grande” amore dei nostri docenti, è dentro l’atto di generare e del prendersi cura di ogni papà e ogni mamma, nei gesti di pace, negli abbracci che ci scambiamo con gli occhi, nella fame di giustizia che anche quest’anno ci ha condotti simbolicamente fino alle periferie del mondo, a Sighet, in Perù, in Kenya, a Palermo, per regalare un segno di speranza ai bambini che hanno ricevuto di meno dalla vita, che sentiamo come figli nostri, di questa nostra storia (a proposito: grazie di quanto avete fatto, vi daremo presto informazioni più precise).
Gesù ha strappato un’apertura verso l’alto che rimarrà per sempre. Vincendo la morte egli ha squarciato il cielo grigio delle nostre vicissitudini e permesso alla luce di inondare la nostra quotidianità, anche le nostre fragilità.
A Pasqua Gesù incontra nuovamente le nostra fragilità, le guarda con amore, le accoglie e le trasforma in progetto.
Un progetto da fare insieme, un grande sogno di rinnovamento che ci vede tutti coinvolti e protagonisti.
La Pasqua è una sfida.
Essa rappresenta il coraggio di guardare oltre la morte che sperimentiamo ogni giorno; oltre le passioni tristi che appesantiscono il nostro cuore lasciandoci privi di senso, in cerca di obiettivi cui dirigere la nostra vita, oltre l’effimero che ci lascia alla deriva fra vuoti desideri; oltre la sofferenza, la malattia, il dolore che ci circonda.
La Pasqua è un seme.
Un piccolo e fragile seme che diventerà un grande albero con il tempo e la pazienza.
Un seme che se gettato nel terreno fertile fiorisce e diventa un meraviglioso giardino.
In questi giorni, al Gonzaga, abbiamo voluto rendere visibile la bellezza del giardino di Pasqua.
Un’esplosione di fiori, di colori, di profumi ci attende al rientro dalle vacanze, tra i viali e gli spazi verdi del nostro campus, come a ricordarci che “la forza della Risurrezione non riposa finché non abbia raggiunto l’ultimo ramo della creazione”(H. U.Von Balthasar).
E’ con questi sentimenti che, anche a nome dei miei confratelli gesuiti, del consiglio di direzione e di tutti i collaboratori, vi auguro di «vivere partendo dalla Resurrezione: questo significa Pasqua» (Dietrich Bonhoeffer).
Auguri di cuore.
P. Vitangelo Denora S.J., Direttore Generale